giovedì 14 marzo 2013

Aosta, 1013° fiera di Sant'Orso - 1013° foire de Saint Ours, parte II

Focaccia di S. Orso




Sant'Orso...chi era costui? Sento che vi state chiedendo, anche perché, pur non volendo creare discriminazioni tra santi, non è che lo si senta nominare molto spesso; eppure di lui si hanno notizie da fonti molto antiche, sia per tradizione orale che per una “Vita Beati Ursi” di cui non si conosce l'autore ma della quale esistono due versioni, una della fine dell’VIII e una della seconda metà del XIII secolo. 
Perché pare che la morte del santo - ossia, secondo la Chiesa, la sua nascita alla vita vera - sia l'anno 529, il 1 febbraio, divenuto per tale ragione il giorno della sua festa liturgica.

Da queste fonti si desume che si trattasse di un presbitero di Aosta, ossia un funzionario ecclesiastico avente le prerogative di custodire la cappella della chiesa cimiteriale di San Pietro e celebrare le messe; una figura molto diffusa nei secoli passati che, nel caso i luoghi di culto fossero localizzati in zone isolate, veniva spesso assimilata a quella degli eremiti; fedeli che, pur senza aver pronunciato i voti principali, erano inseriti nei ranghi della Chiesa con il compito di assistere la popolazione nelle sue necessità spirituali e non solo.

Tornando a S. Orso viene descritto come uomo semplice, dolce, umile, pacifico ed altruista, dedito non solo ad opere di carità nei confronti di malati, poveri, oppressi, vedove e orfani ma anche al lavoro manuale, provvedendo da solo alle sue necessità con la coltivazione di un piccolo pezzo di terra. Dei frutti che ne ricavava pare ne facesse tre parti: una per sé, una per i poveri, e una per gli uccelli che, secondo quanto narra la leggenda, per ringraziarlo si posavano riconoscenti sulla sua spalla. Non pago di questa attività coltivava anche una piccola vigna, il cui vino, manco a dirlo, aveva la facoltà di guarire i malati (o, almeno, si suppone, di renderli più allegri).

Sant'Orso, il santo della porta accanto; e anche gli stessi prodigi che gli sono attribuiti sono atti semplici, legati alle esigenze di una popolazione pastorale: come la creazione di una fonte - dopo che per mesi non aveva piovuto - colpendo la roccia con il suo bastone (fonte tuttora presente a Busséyaz, chiamata “Fontana di Sant’Orso”, sotto la cappella costruita nel 1649), e il salvataggio della città di Aosta da una terribile inondazione del torrente Buthier.
E altri miracoli, su richiesta di singole persone, anche in contrasto con alte gerarchie ecclesiastiche...

Per questi e altri leggendari prodigi sant’Orso è venerato come protettore contro la siccità, le malattie del bestiame, le intemperie, le alluvioni, i soprusi dei potenti, i parti difficili, i reumatismi e il mal di schiena che, evidentemente, nelle umide baite di montagna era malanno piuttosto diffuso...L'iconografia lo rappresenta con il bastone dei priori in mano, perché secondo la tradizione, sarebbe stato il fondatore della Collegiata a lui dedicata - frutto di una ristrutturazione operata intorno all'anno 1000 dal vescovo Anselmo d'Aosta, della chiesetta paleocristiana di cui Sant'Orso era appunto il presbitero - dove un capitello lo rappresenta mentre presenta a s. Agostino, il primo priore della nuova comunità, Arnolfo.



Viva S. Orso, quindi, santo moderno a chilometro zero, lavoratore, pacifista, ecologista, animalista, e ...bon vivant!


Molto amato, per carattere e buone azioni, dalla popolazione locale che con lui si identifica e molto presente, anche nella fiera a lui dedicata, così come la chiesa più suggestiva di Aosta , la Collegiata dei Santi Pietro e Orso che, assieme alla Cattedrale è la maggior testimonianza di architettura sacra locale. 
All'interno della chiesa,dall'aspetto chiaro e arioso, molto nordico, la cui struttura ha subito le trasformazioni più rilevanti nel 1499, inserendosi nel filone dell'architettura tardo gotica - oltre agli affreschi ottoniani conservati tra il tetto e la copertura della navata centrale, si può ammirare



...dietro l'altare, più in basso rispetto al piano del pavimento, un mosaico del XII secolo a tessere bianche, nere e marroni riportato alla luce nel 1999. raffigurante Sansone che uccide il leone. 
Tutto intorno la famosa scritta - che normalmente, essendo palindroma, è chiusa in un quadrato, SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS - e nei quattro spazi angolari le raffigurazioni di un leoncino, di un uomo-pesce che sorregge un serpente, un drago e infine di un'aquila con due corpi e una sola testa, che, come in casi analoghi, sono probabili allegorie che indicano la data di costruzione dell'edificio.



Dietro l'altare, poggiati alle pareti laterali, gli stalli lignei del 1487, bell'esempio di stile gotico flamboyant, che si suppone siano opera di un artista di cultura svizzero-renana. Addossati alla parete di sinistra trovano posto 11 stalli e la cattedra del priore; a destra gli altri 13 stalli, tutti decorati con figure allegoriche, di animali, di santi e di profeti, alternati a simboleggiare la continuità tra Antico e Nuovo Testamento....




ma anche raffigurazioni più scherzose, come da tradizione medievale, come questo penitente dall'ambigua posizione...



Prima di uscire, da ammirare il fonte battesimale, con, ovviamente, a copertura, una scultura lignea policroma, a testimoniare come l'arte di scolpire il legno abbia in questa vallata una antica e importante tradizione; come pure la tradizione della scultura in pietra, testimoniata dagli spettacolari capitelli del chiostro del 1132, che però non è permesso fotografare (e vale la pena, per bellezza di immagini e varietà di temi, andare a vedere di persona).


L'imprinting animalista e aviario introdotto da S. Orso è visibile anche nei soggetti presenti sulle bancarelle della fiera; infatti il protagonista più presente e importante, sia per numero che per varietà di rappresentazioni è proprio lui:


il galletto!



Rustico...


colorato e lavorato a traforo,


...elegantemente monocromo!


Galletti,


...galletti,


...ancora galletti,


...e una civetta! Perchè qui non si fanno ingiustizie: 



...e, per par condicio, di fianco allo stand Padiglione Enogastronomico e Atelier, vicino al teatro romano


lo stand Atelier e Padiglione Enogastronomico!
Si tratta, in realtà di un'unica struttura coperta a ferro di cavallo che contiene al suo interno il meglio della tradizione enogatronomica locale, insieme agli attrezzi per cucinarla, in un'espozione che va dagli alambicchi e paioli




...che più che la polenta fanno venire in mente la pozione magica del druido Panoramix,


ai portasalumi, uguali a quelli immortalati per appendere i bretzel nei quadri tedeschi del XVII secolo,


...in un'escalation gastronomico folkloristica, con venditori nel tipico costume di carnevale della Valle del Gran San Bernardo -che rievocano il passaggio dei soldati al seguito di Napoleone nel maggio del 1800 -


...e signore che sembrano uscite da quadri del XVII secolo; il tutto, è il caso di dirlo, condito con i migliori prodotti della tradizione locale:



dalle Fontine, e altri formaggi di alpeggio



...ai pani rustici;



...dai vini


...ai biscotti


...dalla fonduta da passeggio



...ai salami. E per concludere il pasto, per coloro che fossero sprovvisti di distillatore


...le grappe e i prodotti sotto spirito.


Siamo quindi arrivati al momento del dolce: un cannolo ripieno di panna valdostana,


una tegola, un torcetto o un pezzo di torta? Torta di nocciole o focaccia di S. Orso?
Naturalmente optiamo per la focaccia, dolce tipico della fiera presente anche in molte pasticcerie del centro (vedi immagine iniziale).
Siamo quasi alla fine del nostro giro, ma per le strade della città possiamo ancora ammirare


...berretti souvenir, con la forma di animali della vallata


...pantofole di lana cotta,


....stoviglie artistiche in legno...


Ma il vero spettacolo della fiera è costituito dai venditori,


... dal pubblico,



...e dagli animali: qui un bell'esemplare di cane, molto, ma molto, simile a un lupo...

Terminato il nostro giro, una rapida visita per un caffè ad un'amica e collega di Laura poi di corsa alla stazione. Appena in tempo per perdere il treno delle 15.30 - non perché fossimo in ritardo, ma perché c'era già una folla in attesa e molti, noi comprese, non sono potuti salire - e aspettare il treno successivo, sulla pensilina della stazione ormai battuta dal vento. Dopo un viaggio su un'altro treno stracolmo e due cambi - a Ivrea e a Chivasso - dovuti al fatto che i treni della linea di Aosta, essendo diesel, non possono entrare nella nuova stazione sotterranea di Porta Susa, il rientro a casa alle 19....stanche? no, di più, ma più per il viaggio che per la fiera.

E in settimana, una volta ripresa dal viaggio, il rifacimento della focaccia...





Per circa 8 pellegrini, devoti a S.Orso

250 gr di farina integrale (meglio mista, 200 gr integrale 50 gr 00)
1/2 bustina di lievito istantaneo per dolci (possibilmente non vanigliato)
100-150 gr circa miele
100 gr circa latte
1 cucchiaino di spezie miste (cannella, noce moscata...)
50 gr circa burro ammorbidito
50 gr noci sgusciate
1-2 uova (piccole)

Tritare nel mixer metà delle noci, aggiungere farina, burro, miele, uova, spezie, lievito e, poco per volta, il latte, sempre continuando a mescolare, in modo da ottenere un impasto piuttosto solido, ma non troppo compatto, tipo quello della pizza. Mettere il composto dando la forma di una focaccia rotonda di circa 30/35 cm di diametro sulla placca del forno rivestita di carta da forno; aggiungere al centro le noci rimanenti tagliate in quarti e spennellare la superficie superiore con latte o burro fuso e miele; infornare in forno caldo per circa 25/30 minuti a 180/200° (farà fede dell'avvenuta cottura la prova stecchino).
Il risultato è una focaccia piuttosto solida ma abbastanza morbida, ideale da bagnare nel latte a colazione.

2 commenti:

Cristiana ha detto...

Grazie per la gita mattutina: non conoscevo sant'Orso, non conoscevo la fiera e ad Aosta ci sono passata sempre e solo di corsa...buon weekend cri

la cuoca cialtrona ha detto...

Grazie a te, per la visita mattutina! La fiera è carina e, anche se non si è amanti dell'oggettistica in legno, vale la pena vederla una volta nella vita; l'ideale, per evitare il travaglio del viaggio, sarebbe farsi ospitare da amici Aostani, potendo...

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