domenica 9 dicembre 2012

A Montaldo Scarampi - parte IX

Cugnà delle donne di casa Rabino




Della cugnà, la mostarda a base di mosto, mele cotogne e altra frutta - fresca o secca, ma comunque di stagione - tipica delle zone agricole del Piemonte, e della persistenza dell'abitudine di prepararla, nonostante la lunghezza e il costo dell'operazione, già vi ho raccontato precedentemente; senza, tuttavia, raccontarvi delle sue origini... Il nome deriva dalla presenza in questa mostarda - ossia confettura creata con il mosto - oltre che del suddetto proprio delle mele cotogne, il frutto selvatico zuccherino e profumato ma troppo duro per poter essere consumato crudo.


L'occasione per produrre questa leccornia dal carattere trasversale - usata dai poveri come complemento e arricchimento della polenta, dai ricchi come elegante accompagnamento a formaggi e lessi - era la raccolta degli ultimi grappoli rimasti sulle viti, i cosiddetti grappoli di San Martino che, lasciati indietro durante la vendemmia - pochi per poter essere venduti, troppi per poter essere dimenticati - costituivano la base del mosto insieme a tutti quei frutti invernali - mele cotogne, fichi, pere, zucca e, nel caso di annate particolarmente ricche anche noci e nocciole - la cui eccedenza  rischiasse di trasformarsi in spreco.

E in tutta Italia sono infatti presenti versioni locali di mostarde o sape - che si differenziano dalla mostarde vere e proprie sia per una maggiore presenza di mosto, essendo nate come correttivo per i vini troppo asprigni, e trasformandosi successivamente in salse e condimenti, quando non addirittura in medicamenti per infezioni intestinali, come riportato nell'opera De Re Rustica di Lucio Junio Moderato Columella - che furono, entrambe progenitrici delle mostarde rinascimentali.

In questo panorama la mostarda piemontese si distingue per due particolarità; l'assenza della senape e l'esistenza di due specie di mostarda diverse, una avente come solo ingrediente l'uva barbera - (il vero Mustum di origine romana, da cui appunto, secondo il tipo di concentrazione, si ricavava il  più leggero defrutum o, appunto, la sapa di cui sopra) - e l'altra composta da mosto e frutti di stagione; come a dire una di ascendenza romana, l'altra, più ricca e speziata, di più moderna derivazione rinascimentale.

Alle donne di ogni casa poi, il compito di creare una loro personale ricetta, a seconda delle zone di appartenenza e dei frutti messi a disposizione dalle coltivazioni di famiglia...

Per la dispensa di casa Rabino...

mosto d'uva
pere Martin Sec
noci
nocciole
chiodi di garofano

Portare ad ebollizione il mosto (di cui trovate la ricetta qui) per circa due ore, dopo aggiungere le mele tagliate a pezzetti, noci, nocciole e i chiodi di garofano, portare ad ebollizione per circa 10 ore mescolando il tutto.


Le pere Martin Sec sono i frutti di un albero rustico un tempo coltivato per la sua grande robustezza. 
Diffuso lungo l'arco alpino dal Trentino al Piemonte e paesi limitrofi (i primi documenti che ne attestano la presenza in Francia sono del XVI secolo), si trova qui coltivato da lungo tempo soprattutto nelle aree di Cuneo, Saluzzo e Mondovì; per tale motivo è stato eletto prodotto tradizionale piemontese P.A.T. e fa parte dei prodotti dell'Arca del Gusto di Slow food. I suoi frutti, piccoli e molto compatti sono usati tradizionalmente oltre che nella preparazione della mostarda, cotti al forno con vino e spezie.

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