mercoledì 28 novembre 2012

A Montaldo Scarampi - parte VIII

Agnolotti alla monferrina




L'insostenibile prevalenza del Plin

Atto unico


Personaggi e interpreti:
Clotilde - La suocera, cuoca sopraffina, originaria del luogo
Ornella - La nuora, desiderosa di apprendere, di natali torinesi ma radici siciliane

Scena: 
la cucina illuminata di Clotilde, in una sera di tarda primavera a Montaldo Scarampi, Monferrato.
Le due donne siedono al tavolo: Clotilde, un foglio posto di fronte a lei, impugna una matita.
Ornella con in mano una caffettiera, sta versando il caffè alla suocera.



Clotilde: "Allora, ricapitolando, cosa pensi dobbiamo programmare di preparare per la cena di luglio dei vostri amici?"
Ornella: "Mah, io pensavo a qualcosa di semplice...un po' di antipasti e magari un primo piatto, senza esagerare, che tanto nessuno riesce a finire un pasto con tutte le portate. Poi Claudio farà la torta al cioccolato con le pere"
Clotilde, girando il cucchiaino nella tazza: "Allora un po' di salame, dei formaggi, del vitello tonnato, e delle acciughe?"
Ornella "Direi proprio di sì. Antonella mi ha già detto che farà il tonno di coniglio e gli zucchini in carpione, io porto le acciughe, Marta la fontina della valle d'Aosta...penso di fare anche delle castagne da mangiare con il lardo. C'è ancora della cugnà?"
Clotilde: "Ne abbiamo ancora solo qualche vasetto, ma tanto ne basta uno, per il formaggio."
Ornella, bevendo dalla tazza annuisce; poi, posata la tazzina sul tavolo chiede, speranzosa: "Piuttosto, chi si occupa del vitello tonnato? Lo prepari tu?"
Clotilde, con l'aria di chi ritiene la risposta scontata: "Certo. E pensavo anche di fare gli agnolotti. Tu che ne pensi?"
Ornella, sorridendo con aria contenta:"Direi di sì, Magari dei Plin, ma non tanti, ché dopo gli antipasti saremo già tutti sazi"
Clotilde, con aria contrariata: "Dei PLIN? Ma qui i Plin non si sono mai fatti! E' una moda, quella dei Plin, che si è diffusa da qualche anno, ma prima non si sapeva neanche cosa fossero! Adesso tutti gli agnolotti li chiamano Plin!!!" 
Clotilde, esprime la sua disapprovazione scuotendo la testa, poi riprende, con aria più calma: "E con che sugo li vorresti condire, gli AGNOLOTTI?"
Ornella, con l'aria mogia della scolaretta colta in castagna "Mah...magari con un burro e salvia?"
Clotilde volge gli occhi al cielo, prende un lungo respiro, si toglie li occhiali, li pulisce accuratamente, se li rimette, poi si rivolge alla nuora, scandendo le parole come per impartire una lezione basilare: "Stammi bene a sentire: gli agnolotti si condiscono con il sugo dell'arrosto e con la salsiccia...E BASTA." Conclude, aggiungendo alla lista la voce "Agnolotti".
Ornella,  con aria contrita, annuisce, pensando tra sé e sé :"Muta devo stare, o a schifio finisce..."



"Toccatemi tutto, ma non gli agnolotti!" 
Questo è la regola basilare - sottintesa ma chiara - che vige nelle famiglie piemontesi. 

Ricordo di aver sentito, nell'infanzia, racconti di pranzi di Natale finiti male per la presenza nel ripieno degli agnolotti di riso...Sì, perché una volta la querelle non era tra Plin o non Plin - che, nonostante quel che si dica oggi, erano diffusi in poche zone, prevalentemente nella parte occidentale del Piemonte e nelle Langhe e altrove neanche li si conosceva - ma se nel ripieno, per ammorbidirlo, potesse, oltre al cavolo, venire utilizzato - sempre in modiche quantità - anche del riso.


Concordo quindi con Clotilde nel rifiuto di una moda che tende a globalizzare l'agnolotto, eliminando le particolarità locali in favore dell'omologazione. 

Agnolotto libero, insomma, e ognuno continui a farli come si usa - as costùma - a casa sua!
Anche perché, nelle Langhe, li chiamano Raviole (al femminile) al Plin, non Agnolotti.
Detto questo nella Bassa Langa le raviole della tradizione hanno forma quadrata, anche se, ultimamente, anche lì pare siano state soppiantate dalla moda del Plin. 
Sembra che il modo antico di gustare le raviole fosse quello di mangiarle a “culo nudo”, ossia senza condimento, appena tolte dal liquido di cottura e asciugate sul canovaccio di tela; ma - che sia una moda moderna o meno - sono ottime anche arrostite crude su una piastra, come stuzzichino per l'aperitivo.


Ma torniamo agli agnolotti...
Le origini del nome dei quali paiono piuttosto incerte; la tradizione vuole derivino dal nome di un cuoco monferrino, Angiolino, detto Angelot, che per primo ne formulò la ricetta.

Ma, parlando per buon senso, appare più probabile la matrice casalinga di un piatto fatto per utilizzare gli avanzi - e il sugo - del più pregiato arrosto, suddividendoli equamente tra tutti i membri della famiglia. E che il risultato, così felicemente ottenuto, equiparasse la ricetta a cibo degno degli angeli; ma, ripeto, questa è una mia supposizione, assolutamente non suffragata da dati storici o letterari.



I Plin - che derivano il loro nome  dal pizzicotto che viene impresso alla sfoglia per racchiudere il ripieno, tra un raviolo e l’altro, in verticale, rispetto alla piegatura degli agnolotti che è orizzontale - sono di dimensioni più piccole degli agnolotti, e fatti con la pasta all'uovo, a differenza degli agnolotti che, per tradizione dovrebbero essere fatti con un impasto più povero.


Per quanto riguarda le fonti letterarie, troviamo gli agnolotti già citati da cuochi quali Francesco Chapusot - cuoco dell'ambasciatore inglese in Piemonte e autore, nel 1846 de La cucina sana, economica ed elegante secondo le stagioni - e Giovanni Vialardi, cuoco e pasticcere reale, autore oltre che del Trattato di cucina, Pasticceria moderna, Credenza e relativa Confettureria anche della Cucina Borghese semplice ed economica - che ne riportano la ricetta, specificando che possono essere sia di forma quadrata che rotonda (mai visti però, almeno in Piemonte).
Non si hanno analoghe notizie per i Plin che, con molta probabilità, sono una variante, sviluppatasi nelle Langhe, all'inizio del XX secolo.




Per un'antica famiglia monferrina 
(trattandosi di piatto di "recupero" le dosi sono opzionali, tenendo però conto che per ogni commensale andrebbero preparate due dozzine di agnolotti)

Agnolotti

per la pasta 

tante uova quanti etti di farina

per il ripieno

arrosto di carne brutta e buona
carne di maiale
due rossi uovo
pepe
sale
(volendo noce moscata, e poco cavolo cotto per ammorbidire l'impasto)

Tritare le carni con i due rossi d'uovo aggiungere sale e pepe. 
Preparare la sfoglia, tirandola sottile, e riempirla per file con l'impasto posizionato a distanza regolare; ripiegare la pasta su se stessa, premendo tutt'intorno e tra gli spazi con i diti indice affiancati; ritagliare gli agnolotti con l'apposita rotella, partendo dalla dimensione maggiore.
Sistemarli, ben distanziati, su un telo pulito e leggermente infarinato steso su una superficie orizzontale, fino al momento di cuocerli per consumarli.
Cuocerli in acqua bollente salata, e scolarli quando risalgono salendo in superficie; condire con l'apposito sugo, amalgamando con l'aggiunta di un pezzo di burro.


Sugo per gli agnolotti


carne di vitello brutta e buona tagliata a coltello

salsiccia
pomodoro (bene i pelati)
rosmarino
olio
aglio


Fare soffriggere aglio, olio, rosmarino e la carne, a parte fare bollire del brodo,.

Cuocere per circa due ore a fuoco lento, aggiungendo del brodo quando il sugo si addensa troppo; dopo un'ora di cottura aggiungere il pomodoro e terminare la cottura quando il sugo è sufficientemente denso.

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